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Vaginosi batteriche in età fertile

23 febbraio 2017

La vaginosi batterica rappresenta circa il 60% di tutte le infezioni vulvovaginali e si manifesta principalmente nelle donne in età fertile e con regolare attività sessuale.

Si tratta di una sindrome polimicrobica caratterizzata da una radicale modificazione dell’ecosistema vaginale che si manifesta con la sostituzione della flora lattobacillare che normalmente colonizza la vagina per il 95% con flora patogena a prevalente composizione anaerobia.

Nella donna in età fertile l’ecosistema vaginale è costituito prevalentemente da lattobacilli produttori di H2O2 che determinano un Ph nettamente acido, quando si verifica invece una vaginosi batterica i lattobacilli sono reperibili solo in una percentuale del 30% con un aumento di anaerobi che spostano il Ph verso la neutralità.

Il lactobacillus spp venne identificato per la prima volta nel 1892 da Doderlein nel secreto vaginale di donne in età fertile e negli anni è stata ampiamente dimostrata la correlazione tra la mancanza del lattobacillo e dolore, bruciore, arrossamento della mucosa vaginale.

Tra i fattori di rischio che alterano l’ecosistema vaginale vanno ricordati: un elevato numero di partner sessuali, l’età in cui avviene il primo rapporto, l’utilizzo troppo frequente o l’abuso di lavande vaginali e detergenti intimi inadeguati, la gravidanza, l’utilizzo di terapie ormonali o contraccettivi, l’età, il ciclo mestruale, l’utilizzo di antibiotici.

Quando a causa di uno o più dei fattori sopradescritti l’equilibrio vaginale viene meno i microrganismi quali stafilococchi, streptococchi, micrococchi, enterobatteri ed altri presenti in minima percentuale come germi commensali, possono determinare dei disturbi vaginali.

Le manifestazioni possono riguardare l’aumento di secrezioni vaginali, anche maleodoranti, il prurito, l’arrossamento ed il dolore vaginale.

L’interesse del Ginecologo è quindi quello di andare ad agire su questi sintomi e ristabilire l’equilibrio vaginale in modo da garantire il benessere della donna.

I lattobacilli sono fondamentali nel garantire un ambiente ostile allo sviluppo di microrganismi estranei e lo sviluppo incontrollato di germi commensali. Per fare questo esplicano un’azione difensiva secondo varie modalità

Prima di tutto hanno la capacità di degradare il glicogeno in acido lattico da cui deriva l’acidificazione dell’ambiente vaginale, condizione essenziale per la protezione dell’ecosistema dall’infezioni.

Altrettanto importante dal punto di vista difensivo è la capacità di alcune specie lattobacillari di produrre perossido di idrogeno (H2O2) che risulta tossico in particolare per le specie batteriche catalasi negative, non dotate di capacità detossificanti. Il perossido di idrogeno è inoltre in grado di inibire la crescita di microrganismi quali: G. Vaginalis, N. Gonorrhoeae, C. Trachomatis e T. Vaginalis.

L’altro meccanismo attraverso cui i lattobacilli esercitano azione protettiva è quello di competere con altri batteri per l’occupazione dei siti di adesione epiteliale.

Alla luce di quanto affermato, è essenziale, oltre alla terapia mirata, l’integrazione con lattobacilli, non tanto per i risultati immediati, quanto per i risultati a lungo termine che si traducono in una significativa riduzione di donne che vanno incontro a recidiva e il ripristino delle condizioni necessarie allo sviluppo della flora lattobacillare.

Negli ultimi anni c’è stato un crescente interesse nei confronti dei lattobacilli come sostanze idonee a correggere condizioni deficitarie della flora probiotica favorevole alle difese dell’organismo. C’è, in ogni caso, necessità di fare chiarezza sull’argomento in quanto non tutti i lattobacilli hanno gli stessi effetti e non tutti i prodotti contengono la quantità adeguata per esplicare la loro azione.

Inoltre è importante sottolineare che l’interesse per tali patologie è cresciuto da quando è stato dimostrato come le infezioni vaginali rappresentino un fattore di rischio per complicanze di natura ostetrica. In gravidanza, la vaginosi batterica coinvolge il 9-23% delle donne. Numerosi studi epidemiologici hanno documentato una associazione tra vaginosi e/o vaginiti e aborto spontaneo, parto pretermine, corionamniosite, rottura prematura delle membrane ed endometrite postparto.

 

Vincenzo De Leo, Valentina Cappelli

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